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Di te, mi dimentico. Personale di
Riccardo Garolla

Posted on Ott 18, 2017 in Mostre, Tutte le attività

Inaugurazione: martedì 21 novembre 2017 ore 18,00

Apertura mostra: dal 22 novembre 2017 al 1. dicembre 2017

Orario: 10,30-13,00 e 15,30-18,00; sabato su appuntamento, domenica chiuso

Riccardo Garolla (Varese 1986) ha studiato a Bologna con Luca Caccioni e a Brera con Italo Bressan e Roberto Casiraghi. Ha già all’attivo diverse esposizioni, da Palazzo Isimbardi alla Fondazione Pistoletto, alle fiere tedesche di Colonia e Karlsruhe. La sua prima personale, Mezzi Uomini Mezzi Cani, a cura di Andrea Del Guercio, è del 2012, mentre l’anno successivo, oltre alla seconda mostra The happiest (a cura di Caterina Molteni), espone alla Biennale di Venezia.

 

Il suo lavoro indaga l’incontrollabile attraverso un segno geminante. L’emersione di una traccia è simile al nervo che affiora sotto sforzo e le figure, dagli sguardi ipnotici e misteriosi, colpiscono per la delicatezza dei dettagli – per esempio dei tessuti che indossano. Le forme di Riccardo Garolla sono stati d’animo, entrano nella caverna in cui uomo e animale sono ancora indistinti. La metamorfosi graduale dei profili è frutto di una profonda consapevolezza di sé, di un’analisi impietosa del proprio agire nel mondo.

Troverete, anche nei lavori più piccoli, la verticalità raffinata della lirica e il disincanto ruvido dell’esistenza. Le opere più grandi sono invece vere e proprie stazioni narrative, sembrano preludere a un affresco che non verrà mai realizzato. Sia dove la materia è tirata a pennello, sia dove le immagini sono marcate dalla fusaggine in punta di dita, il supporto cartaceo partecipa, insieme alla parete, della tessitura complessiva. Il colore interpreta ciò che soggiace alla bellezza, accucciato come un puma. Dosatissimo e pensante, svela il segreto delle cose, e la sua trama da conto del carico emozionale dei personaggi, ripresi nell’intimo di atteggiamenti quotidiani o riannodati in una storia. Anche gli occhi sono espressioni tonali, esattamente come le stratificazioni di cieli e alberi. Il nero, per esempio, traduce l’ignoranza benefica dell’uomo primitivo e permette, finalmente, di dimenticare.

Alberto Pellegatta